Siamo nel Giurassico, 170 milioni di anni fa.
La vegetazione è rigogliosa ma le “piante” e le “erbe” sono soprattutto gimnosperme, ovvero senza fiori ma con assiemi squamosi che producono polline e ovuli non protetti da un ovario che lo raccolgono e producono semi. Delle gimnosperme attuali, quelle diffuse e note sono le Conifere (abeti e pini) e le Cicadee (Cycas).
C’è però un’altra famiglia che arriva dal Giurassico, le Ginkgoaceae di cui fa parte solo il Ginkyo biloba. Si ritenne per secoli che la specie fosse estinta da milioni di anni, secondo ciò che si vedeva dai reperti fossili, fino a quanto un medico-naturalista tedesco in un fondaco olandese in Giappone non ne trovò degli esemplari vivi. La pianta proveniva dalla Cina. Il nome di quella pianta era quindi in cinese e significava “albicocca d’argento”: una corretta translitterazione fonetica in caratteri latini sarebbe stata Ginkyo, ma fu trasmessa a Linneo per scritto come Ginkgo e tale rimase.
La pianta, un fossile vivente, è passata attraverso 170 milioni di anni quasi senza mutare, come testimoniano i resti fossili in Francia ed in Scozia.
Il resto è un elenco di cose uniche, alcune attese, come il fatto che esistano piante maschio e piante femmina e che la pianta non porti fiori, ma altre inattese, come le foglie piatte ed a ventaglio, ben diverse da quelle dei pini, pur essendo con nervature parallele o ramificate, ma mai reticolari in come tutte le dicotiledoni.
Gli ovuli sono sempre non protetti, i semi sono nudi, non racchiusi in un frutto, è il seme stesso che si protegge con un involucro morbido, la sarcotesta. Il polline recato dal vento, a contatto con l’ovulo produce dei veri “spematozoi” mobili (flottanti) che penetrano nell’ovulo e lo fecondano, è questo è realmente peculiare e raro per un vegetale. Ma la similarità con il mondo animale non finisce qui, all’interno del seme si sviluppa l’abbozzo di pianta completa di microscopiche parti della pianta adulta, la “piantina” è liberata dal seme prima (o dopo) della caduta del seme al suolo. In tal modo il seme non deve “germinare”, la piantina seppellita dalla fanghiglia delle piogge è subito pronta a vegetare, è un possibile vantaggio per un vegetale.
La pianta adulta è un albero grande, resistente e longeva, adatta all’ambiente urbano e al freddo, bellissima in autunno per le sue foglie dorate a forma di ventaglio, a due lobi (biloba).
Ma ci sono problemi, la sarcotesta (che significa capsula carnosa) del seme si degrada a maturità, producendo un succo fetido, vischioso e sdrucciolevole, sgradevole, che imbratta il terreno e le auto, quindi si usano prevalentemente nei parchi urbani le piante maschio, che non producono semi.
Una pianta che arriva direttamente dal Giurassico e che è rimasta relegata (forse) in distretti del Tibet, per un centinaio di milioni di anni può avere qualche incompatibilità con i mammiferi che si sono evoluti molto dopo, e che hanno invaso tutto il mondo. Il polline della pianta maschio è allergenica (grado 7/9) per alcuni esseri umani.